Turchia chiama Italia

I taksici di Ankara

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Turchia chiama Italia

Chi conosce la Turchia concordera’ sul fatto che Ankara non e’ una citta’ cosi’ accattivante, non avendo molte attrattive ne’  particolari monumenti architettonici di cui vantarsi. E’ relativamente recente in quanto subito dopo la fondazione della Repubblica di Turchia (1923) venne ideata per essere la capitale; ergendosi al centro della regione anatolica, e’ stata pensata per essere raggiungibile da tutti. Nasce, quindi, per espletare la sua funzione di centro politico e istituzionale del Paese, dove con il tempo si e’ sviluppata l’intellighenzia turca. Chi non vi e’ nato e non l’ha vissuta la trova estremamente noiosa: cristallizzata nel tempo e’ la dicotomia con Istanbul, altro cuore nevralgico della Turchia, percepita da molti come la citta’ piu’ importante grazie al suo importante contributo storico e culturale, oltre che alla sua abbagliante bellezza. Gli istanbulioti di origine e di adozione, nutrendo un particolare senso di orgoglio e di appartenenza verso cio’ che fu Costantinopoli prima e Bisanzio poi, e verso la vivacita’ dell’attuale megalopoli, sono di fatto restii a recarsi nella capitale e a comprendere come si possa vivere da queste parti. A tutti e’ successo di sentire dire che ‘la parte piu’ bella di Ankara e’ quando la si lascia per tornare a Istanbul’, postulato sicuramente vero per molti, ma non per tutti. D’altra parte, gli anakarioti e coloro che qua abitano per questioni professionali trovano facilmente una propria dimensione. Secondo pareri unanimi, la Başkent sehir (capitale)nonostante i suoi quasi 6 milioni di abitanti, e’ un luogo facile e relativamente sicuro per vivere, dove tutto puo’ essere agilmente a portata di mano. Ma non solo, l’approccio alle attivita’ quotidiane e di intrattenimento si basa sulla logica comunitaria: la condivisione di tempo con amici e conoscenti e’ una valido viatico. A parte questi fattori che la rendono unica nel suo genere, una delle particolarita’ di Ankara sono i suoi tassisti. Il servizio taxi e’ no-stop, garantito 24 ore su 24 sia nelle piccole stazioni radio, che al loro interno hanno sempre un piccolo salottino e la stanza per preparare il çay, che in filodiffusione. Potrebbe sembrare strano o originale, ma ogni tot di metri si incontra sempre un palo o un albero che sostiene la cassettina ricestrasmittente per inviare la chiamata alla stazione di riferimento. In altre parole, basta solo schiacciare un bottone; non servono parole, spiegazioni o chiamate, per essere localizzati e pochi minuti dopo prelevati e portati a destinazione. Quella dei taksici e’ una categoria peculiare: sono loro la prima fonte di informazione al mattino; da loro apprendi facilmente degli ultimi sviluppi politici e ascolti commenti ‘veraci’. Quando l’accento tradisce la provenienza straniera, si incuriosiscono e iniziano a porre domande sempre piu’ incalzanti sul Paese d’origine e sullo status sociale e lavorativo. ‘Memleket nere?’/ ‘Qual’e’ il tuo Paese?’, sono soliti chiedere. La reazione e’ quasi sempre la stessa nel momento in cui si pronuncia la parola ‘Italya’: stupore positivo misto ad entusiasmo che subito dopo lascia il posto a esternazioni tipo : ‘ Ahh Italia, siamo cugini. Turchi, italiani, mediterranei!’ o ‘Italia, calcio, Fatih Terim’ o altre volte la conversazione nasce spontanea perche’ c’e’ spesso un parente che la’ vive e lavora e da cui hanno informazioni piu’ disparate. L’aspetto famigliare, avendo un proprio peso nella psicologia sociale della Turchia, diviene argomento di dialogo anche tra sconosciuti cosi’ capita che l’autista occasionale chieda della salute di padre, madre e fratelli, di cui pero’ non ha alcuna conoscenza diretta. Una cordialita’ diffusa che, entrando a far parte del quotidiano, riscalda i cuori. Certo, lo scambio di battute avviene sempre in lingua turca, argomento scottante per la maggior parte di noi yabanci (stranieri) che, sebbene il tempo passi, abbiamo sempre qualche difficolta’ ad esprimerci a dovere. I complimenti per la padronanza delle formule orali arrivano spesso dal cuore: e’ come se tutti fossero consapevoli che il turco sia abbastanza ostico da padroneggiare e che ci voglia tempo per mettere insieme qualche parola, ma comunque i tentativi, seppur maldestri, destano spesso una sorta di soddisfazione nell’interlocutore. Proprio recentemente un tassista, protetto dalla cortina di plexiglass che la Municipalita’ di Çankaya ha predisposto come misura di protezione contro il Covid, ammettendo di non sapere nemmeno una parola di italiano, ha invitato noi passeggeri a continuare la conversazione nella nostra lingua madre, percepita come ‘dolce, soft e ritmata come una canzone’. Non per generalizzare, ma un tale affabile approccio e’ facilmente riscontrabile ad Ankara, a differenza di Istanbul dove le esperienze personali testimoniano esattamente il contrario. Piu’ di una volta e’ successo che, dimenticando qualcosa sull’autovettura, mi fosse stata riconsegnata - addirittura a domicilio - quando si e’ trattato di un oggetto di valore come il portafogli; un’altra volta il tassista si e’ cimentato in una corsa quasi spericolata per raggiungere il pullman in cui mi sono accorta di aver sbadatamente lasciato il cellulare; e ancora in un paio di occasioni la corsa non e’ stata fatta pagare perche’ l’autista, perdendosi nel raggiungere la destinazione, si e’ sentito in difetto nella sua prestazione o perche’ non aveva abbastanza banconote per dare il resto o ancora perche’, arrivando tardi in aereoporto, ha dato a priorita’ al fatto che non si perdesse l’aereo. Da queste parti quella del tassista e’ una professione declinata al maschile con i tratti tipici dell’uomo turco che non lesina protezione: accompagnando la cliente a casa la sera, succede ( per lo meno a me e’ successo piu’ di una volta) che il tassista, molto discretamente attenda finche’ si entri in casa, molte volte chiedendolo garbatamente in segno di rispetto e  cortesia, altre volte facendolo in automatico, quasi per accertarsi  che la sua missione sia stata compiuta a dovere. Insomma, seppur con tutte le eccezioni del caso, i taksici di Ankara interpretano appieno quello spirito di cura verso l’altro proprio dei turchi, inserendosi alla perfezione nel celebre motto ‘Burasi Türkiye’, ad intendere che ‘ Qua e’ la Turchia’, dove tutto e’ possibile. 

A cura di Valeria Giannotta



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