Amasya

La cità sorge in un ansa del “Fiume Verde”, lo Yeşilırmak, che passa accanto alle pareti quasi verticali di una montagna.

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Amasya

Amasya
“Nessuno può dire di aver visto la Turchia se non ha visto Amasya.”
Questo proverbio lascia capire quanto l’antica cittadina nel nord dell’Anatolia sia considerata come una delle più caratteristiche del Paese.
La cità era già un’importante centro di cultura in epoca ellenistica, quando vi nacque il famoso geografo Strabòne. In seguito, egli stesso avrebbe raccontato che Amasya è chiamata così dal nome della regina delle Amazzoni, che secondo la leggenda era nata e aveva regnato da queste parti.
La cità sorge in un ansa del “Fiume Verde”, lo Yeşilırmak, che passa accanto alle pareti quasi verticali di una montagna.
Lungo le rive del fiume sòrgono antiche case ottomane, mentre le pareti della montagna sono traforate da antiche tombe scolpìte nella roccia.
Come tutte le antiche città dell’Anatolia, Amasya ha una storia lunghissima, che comincia con gli Ittìti, e continua con gli Ottomani fino alla nascita della Repubblica Turca, che ebbe importanti sviluppi proprio qui.
Ma non è la storia antica ad averla resa famosa.
Amasya, come in seguito Manisa, era una delle “Città dei Prìncipi,” dove i figli dei Sultani, spesso nati qui, governavano la provincia come una versione in miniatura dell’Impero.
Con i propri maestri come consiglieri, venivano educati alla politica e alle questioni di stato in attesa di salire al trono.
Dopo che Beyazit I “Yildirim” l’aveva annessa all’Impero Ottomano, Amasya diventò una località favorita dell’aristocrazia ottomana.
Nonostante si trovi tra le montagne del Mar Nero, la vicinanza al mare e la scarsa altitudine garantiscono un clima mediterraneo con estati calde e inverni miti.
Essendo famosa per le sue scuole e i suoi maestri, diventò il centro d’istruzione degli Shehzade, i Prìncipi ereditàri, che appena venivano giudicati maturi per governare venivano nominati governatori della provincia.
La provincia era strutturata in modo da simulare la struttura dell’Impero, e persino la sua popolazione, con i vari “millet” rappresentati in ciascun villaggio della città: c’era un villaggio armeno, uno pòntico, tàtaro, Bosniaco, Turco eccetera.
Grandi sultani come Selim I e Mehmet III cominciarono la loro carriera politica ad Amasya.
L’atmosfera di speranza e ottimismo che circondava l’educazione dei prìncipi contribuì a creare la fama di Amasya come un posto intrìso di nostalgìa e romanticismo.
I racconti dei primi amori dei giovani sovrani rimangono parte del folklore locale.
Ma una leggenda in particolare, nata forse da uno di questi racconti, rese famosa la cittadina sul Mar Nero.
Come tutte le malinconiche leggende romantiche turche, narra di un amore contrastato, di un’impresa impossibile, e di un finale triste.
Un giovane artigiano, Ferhat, era stato chiamato a decorare il palazzo dei prìncipi dalla Sultana, la loro madre. Şirin, la sorella della Sultana, si innamorò di lui, e fuggirono insieme.
Naturalmente, furono inseguìti, catturàti e riportàti a corte.
Ferhat sarebbe certamente stato condannato a morte, ma la Sultana, impietosìta dall’amore della sorella, chiese al Sultano di risparmiarlo.
Ferhat venne condannato a compiere un’impresa impossibile: gli fu chiesto di provare la sua abilità, e di essere degno della principessa, costruendo un canale in un tunnel attraverso la montagna per portare l’acqua del Fiume Verde ad un villaggio isolato.
Se avesse avuto successo, la sua ricompensa sarebbe stata il permesso di sposare l’amata Şirin. Se non fosse riuscito nell’impresa, la condanna a morte sarebbe stata eseguita.
Ferhat si dedicò alla costruzione del canale con tutta la sua abilità, ma dopo dieci, lunghi anni, non aveva ancora finito.
Un giorno, la sua adorata Şirin, che non vedeva dal tentativo di fuga, si presentò sulla montagna, sotto scorta. Piena di gioia, raccontò che la condanna era stata revocata, e che non sarebbe stato necessario terminare il canale. Ferhat poteva tornare a palazzo e sposare la principessa, in attesa di concludere l’opera.
Ma l’orgoglio per il suo lavoro accecò l’uomo. Rifiutò di essere umiliato lasciando l’opera incompiuta, e rimandò indietro Şirin.
Quando ricevette la falsa notizia della morte dell’amata, capì l’errore che aveva commesso, e sopraffatto da dolore, si lanciò dalla rupe che sovrasta Amasya.
La principessa morì dal dolore.
Come tante leggende romantiche anatoliche senza lieto fine, la storia ispìra ancora oggi gli innamorati, che viaggiano insieme ad Amasya per promettersi di non commettere l’errore dei due amanti della leggenda.
Il canale costruito da Ferhat esiste ancora oggi, ma gli archeologi, da veri guastafeste, insistono che fu costruito dai Romani, non in epoca ottomana.
Il loro parere non turba gli abitanti di Amasya, che hanno dedicato un monumento a Ferhat e Şirin sulla montagna, e che si accontentano delle tombe dei re del Ponto, scolpite nella parete di roccia della montagna, su cui troneggia il castello.
Nel museo archeologico, i visitatori possono vedere altri reperti, ma i più curiosi sono le mummie degli antichi governatori di Amasya, alcuni dei quali uccisi dagli invasori mòngoli.
Ci sono anche cose più allegre da godersi ad Amasya, e in particolare la cucina.
La tradizione aristocratica della città attirò un gran numero di studiosi e maestri, ma la fece diventare anche un famoso centro gastronomico.
Il piatto più tipico è il Keşkek, uno spezzatino rituale che è dal 2011 un patrimonio immateriale dell’UNESCO, ma Amasya è famosa anche per vari tipi di Dolma, imbottiture di verdure.
Anche il pesce fa parte della tradizione culinaria della zona, in particolare le trote pescate nel lago vulcanico di Borabay, una delle mete preferite dai locali per picnic e escursioni.
Con la nascita della Repubblica Turca, molte cose cambiarono ad Amasya, che già da tempo non era più una città di prìncipi. Dopo essere sbarcato a Samsun, fu ad Amasya che Atatürk emanò la “Circolare” con cui dichiarava la patria in pericolo e chiamava alla resistenza, cominciando ufficialmente la Guerra di Indipendenza.
Amasya tornò ad essere una città di studi nel 1974, quando vi fu fondato un centro di istruzione per insegnanti. Nel 2006 diventò una nuova Università, ma nel frattempo generazioni di insegnanti erano passati per Amasya.
La sua posizione remota, lontana dalla maggior parte delle località di origine degli insegnanti, e il fatto che tanti giovani maestri e maestre si incontrassero e spesso si innamorassero nella romantica cittadina, fece nascere un detto: “Ad Amasya, piangi due volte, quando arrivi e quando parti.”
Amasya continuò ad essere il posto delle speranze e dell’ottimismo, non più per i figli dei Sultani, ma per i maestri che avrebbero insegnato ai giovani Turchi, e rimane ancora oggi il posto che tutti ricordano con nostalgia e rimpianto.
Dopo il Keşkek, il piatto più famoso di Amasya è un dolce: si chiama Unutma Beni, “Non mi dimenticare.”

 


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