Turchia chiama Italia

Tra ideologia e realta’. Una riflessione dovuta.

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Turchia chiama Italia

 

Mi scuso in anticipo se quella che segue si discosta dalla puntata tipo basata sull’analisi degli aspetti peculiari che legano Italia e Turchia, ma - per etica morale e professionale- ​ e’ risultato opportuno prendere spunto da alcune circostanze e condividere relative considerazioni. Purtroppo, ormai troppo spesso accade che qualsiasi scritto tratti di Turchia, in qualsiasi ambito, diventi oggetto di critica e talvolta di attacchi personali molto aspri e spiacevoli. Certamente, la critica e’ una parte importante della ​ disquisizione ed e’ un elemento fondamentale nella logica dialettica, ma quando assume toni ideologici, per partito preso, puo’ risultare offensiva oltre che fine a se stessa e tendenzialmente distruttiva. Non e’ mia intenzione entrare nel merito delle opinioni altrui che, in quanto tali, rimangono personali e, dunque, piu’ o meno condivisibili. Tuttavia, diversi episodi, anche recenti, mi hanno condotto a una riflessione e ad acquisire maggiore consapevolezza di quanto oggi sia difficile parlare di Turchia senza incappare in luoghi comuni, mistificazioni storiche e logiche pregiudiziali. D’altronde, l’obiettivo di ‘Turchia chiama Italia’ e’ proprio questo: far conoscere un Paese, di cui tanto si parla e troppo spesso poco si conosce, tramite lo sguardo e l’esperienza degli italiani che lo vivono e che sono testimoni diretti delle dinamiche. Ma non solo.​ I dati storici e le tradizioni cristallizzate nel tempo sono il corollario di un legame bilaterale imprescindibile, a sua volta basato su strettissimi rapporti economici e su complementarieta’ strategiche. Elementi reali e inconfutabili che, dunque, sono da recepire per la loro concretezza. Invece, quando e’ l’ideologia a guidare analisi e interpretazioni, puo’ succedere l’esatto contrario, con un esito quanto mai discordante dalla realta’ e ​ fastidiso per chi, avendo percorso molta strada in un Paese in continuo divenire, tentando di cogliere ogni sfumatura per fornire un’approfondita lettura di contesto, si trova investita da epiteti che esulano dalle buone maniere, dal rispetto e dall’educazione. Probabilmente, approcciando i ​ pezzi di ‘Turchia chiama Italia’, gli​ haters​ indossano lenti distorsive imbevute di disprezzo, non prestando attenzione a quanto viene riportato, alla narrazione di fatti e alla lettura di dati. E’ indubbio che ogni approfondimento richieda flessibilita’ analitica e cognitiva, esercizio estremamente faticoso per occhi all’occorrenza miopi e non abituati al confronto. Ecco che la classificazione per categorie, seppur sterili e poco originali, puo’ sembrare efficace nel suo intento denigratorio. Commenti offensivi, intrisi di odio e di ignoranza – se non altro perche’ ignorano i temi e gli argomenti trattati, ​ mettono in luce non solo l’apparente grandezza di ego depositari di verita’ assolute, ma anche una illusoria tendenza a voler sedere sempre e comunque dalla parte del giusto, tacciando chiunque osi scardinare certe convinzioni. Profili piu’ svariati, da ultimi signori apparentemente distinti che, pur vantando una certa competenza professionale, non hanno remore nel recapitare messaggi ricchi di accuse e variopinti ‘complimenti’. Non c’e’ che dire, la foga dell’insulto ha un gusto particolare, inebria gli spiriti di chi gioca sulle divisioni. Dunque, perche’ non enfatizzare a piu’ battute un​ ‘qui non vi vogliamo’? –​ rivolto a persone come me e in generale ai turchi . Essi’, un vero e proprio tocco di classe sotteso ad una piu’ sottile questione di percezione - che poi e’ quella che frega- : la storica connotazione negativa della Turchia e del suo popolo, unita al piu’ attuale disaccordo politico, puo’ risultare letale, almeno per cio’ che concerne gusto ed eleganza. In fondo, parlare di Turchia, di cultura condivisa e di tradizioni, della sua gente e del suo straordinario dinamismo, vuole dire far conoscere cio’ che in molti non sanno; significa andare oltre gli stereotipi del ‘baffo nero e scarpe a punta’, delle sigarette fumate incessantemente e delle stranezze provenienti dal Vicino Oriente, di cui e’ intriso il nostro immaginario. Ma soprattutto vuol dire rendere onore a una grandissima e vibrante societa’ civile che e’ prima di tutto estremamente attiva e coraggiosa. Quella stessa societa’ civile che soffre e si rammarica per l’immagine negativa con cui viene dipinta all’estero; quello stesso popolo che non lesina ad aprire le proprie braccia e ad accogliere lo straniero e a condividere ogni cosa con il visitatore. Personalmente, in quasi dodici anni di permanenza in Anatolia, in nessun luogo mi e’ capitato di trovare una porta chiusa o di sentirmi dire ‘qui non la vogliamo perche’ italiana’. ​ Anzi, come a contraddire un gia’ fragile principio di reciprocita’, posso affermare con assoluta certezza che l’italiano in Turchia gode sempre e comunque di una certa simpatia, per certi aspetti innata, data dalla comune origine mediterranea, dall’importante interscambio culturale, dalle simili caratteristiche del nostro temperamento. Sono solo alcuni esempi banali, ma utili a sottolineare ancora una volta che in tutto questo non vi e’ spazio per i riferimenti politici: le analisi politologiche, le posizioni partitiche, la simpatia o l’opposizione verso i governi sono altrove e sono altra cosa. Attribuire etichette relative a vari ed eventali ‘collaborazionismi’ e’ un diletto temporaneo e privo di senso che, benche’ possa dare sfogo a frustrazioni prettamente personali, non trova terreno fertile. Non in queste colonne ne’ in questa firma. L’obiettivo e’ costruire ponti, portare alla luce i punti di connessione utili a​ saldare ulteriormente un legame speciale che non nasce oggi, ma ha radici ben radicate nei secoli. E’ una questione di passione: per la conoscenza, per la ricerca, per le comuni origini, per la gente che mi ospita, per l’amore della verita’. ​ E’ una vocazione certamente condivisa da tutti coloro che, trovandosi in Turchia per questioni piu’ disparate e conoscendola nel quotidiano, sono ben consci che la lettura che si offre dall’esterno e’ a volte fuorviante e stride con lo spirito del Paese  e della sua gente. Chiedo venia, dunque, se i pezzi e le note di colore qui pubblicati abbiano urtato la suscettibilita’ di qualcuno e sfiorato nervi gia’ scoperti, ma i vissuti, gli avvenimenti storici e le sinergie proprie delle nostre relazioni bilaterali sono un dato di fatto e devono essere trattati in quanto tali. Allo stesso tempo ringrazio di cuore chi continua a leggere con interesse i nostri articoli e non lesina ad accordare stima e supporto.​ Çok Teşekkür ederim, saygilarımla.

Valeria Giannotta



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