Direzione Türkiye

Quegli ‘Efendi’ italiani di origine ottomana

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C’é un termine turco, che talvolta ritorna nel vocabolario italiano. ‘Efendi’, nel suo significato più aulico di ‘Signore’, un titolo che si riconosce in segno di rispetto e che riconduce all’epoca ottomana, indicando i cancellieri del sultano e il riguardo verso dottori e letterati. L’ ‘Efendi’ o ‘Effendi’ é stato anche oggetto di stornelli italiani, il più noto é la canzone del celebre e compianto Rino Gaetano che nel 1977 nel suo 45 giri Aida includeva il singolo ‘Spendi Spandi Effendi’ con un sarcastico riferimento alla crisi perolifera del 1973 e alla corruzione morale di quegli anni in alcuni circoli benestanti. Come spiegava lo stesso Gaeatano, ‘Effendi é colui  che consuma abitualmente una tazza di petrolio alle 5 del pomeriggio’.  Sullo sfondo il sottile richiamo  allo scontro tra Siria, Egitto e Israele e al conseguente aumento dei prezzi del petrolio in Italia, dove era stato imposto il divieto di circolazione a veicoli privati nei giorni festivi, impattando sullo stile di vita dei cittadini medi, a cui si contrappone ironicamente la ricchezza di personalitá di spicco, intese come Effendi. La canzone é considerata un vero e proprio ever green in quanto, con pungente ironia e versatilitá, é ancora oggi adattabilissima a ogni contesto storico e sociale. In tempi più recenti, diversi autori hanno rivisitato il pezzo. Nel 1993 il gruppo 99 Posse hanno composto una prima cover di ‘Spendi spandi effendi’, e nel 2010 la cantante Noemi ha inserito lo stesso brano in chiave reggae nella scaletta dei tour. Certo, non è chiaro quanto le platee siano a conoscenza dell’etimologia del termine, ma il nostro compito è anche questo: condividere note di colore rafforzando la consapevolezza della reciproca influenza ed importanza. Passando dall’ironico al serio, in Türkiye é diventata virale l’intervista ad Anna Fendi, nome di punta della casa di moda italiana Fendi, in cui la stilista  ha rivelato il legame del suo cognome e quindi del suo  marchio con l'Impero Ottomano. Gli antenati della famiglia Fendi pare appartenessereo alla famiglia Efendizade di Izmir, da cui deriva la marca ‘Fendi’, che ha lasciato cadere la lettera E dalla parola turca ‘Efendi’. La stessa Anna Fendi, presidente del marchio noto a livello mondiale, racconta di aver appreso questo interessante colegamento  da una foto di famiglia che sin da bambina vedeva appesa sul muro di casa. “Mia nonna è tedesca, mia madre è francese... I motivi ottomani sulla fotografia con il cognome Fendi, che vidi sul muro in Austria anni fa, attirarono la mia attenzione’, ha dichiarato la stilista ai tabliod turchi, specificando: ‘Ho cercato. Ho saputo che i miei antenati appartenevano alla famiglia Efendizade di Izmir. Sulla base di ciò, ho determinato e confermato che il nome Fendi deriva dalla parola turca ‘Efendi’. La dicharazione di Anna Fendi risale in veritá a qualche anno fa durante una sua visita a Istanbul in merito a un evento di moda, ed é stata ripresa più volte e in svariate occasioni da diverse testate turche compiaciute per l’ammirazione verso la Türkiye e soprattutto verso l'Impero Ottomano. La signora Fendi avrebbe infatti espressamente dichiarato:"L’ 'ottomano' nei nostri geni ha una grande influenza per il nostro successo." Il marchio Fendi e’ stato fondato da Dele Casagrande ed Edoardo Fendi nel 1925 e oggi Fendi é l’unico cognome in Italia. ‘Siamo cinque sorelle e mio padre era figlio unico. Siamo quindi gli ultimi a portare anche il cognome Fendi’, chiosava l’intervista. Insomma, dietro a un simbolo di raffinatezza e classe proprio del Made in Italy scorre una preziosa vena ed ereditá turco-ottomana che ha reso il brand unico nel suo genere, rendendo orgogliosi i due paesi di origine. A questo proposito, sarebbe il caso di dire che tra Italia e Türkiye si snoda un sottile e pregiatissimo filo di seta che ricama complementarietá importanti elevandole a vere e proprie eccellenze. Anche questo é certamente merito degli ‘Efendi’, di quelle persone per bene di cui é ricco il nostro patrimonio e che, in un modo o nell’altro, ognuno con il proprio piccolo sforzo, contribuiscono a scrivere la nostra storia comune.

 

A cura di Valeria Giannotta



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