Direzione Türkiye

Un anno fa i catastrofici terremoti in Türkiye. La testimonianza di Cemil Solak.

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Il 6 Febbraio 2023 ha terribilmente segnato la storia di Türkiye.  Noti come la ‘Catastrofe del Secolo’, i terremoti gemelli che hanno colpito il sud est del Paese, radendo al suolo migliaia di edifici e uccidendo oltre 50.000 vite hanno, tuttavia, avviato una grandissima macchina umanitaria, siglando ancora una volta l’importante senso di solidarietá nei riguardi del popolo turco. L’Italia, lo abbiamo ricirdato più volte, é stata uno dei primi Paesi a portare aiuti e ad esprimere la propria vicinanza alla Türkiye. Tanti i volontari che si sono recati nelle zone dell’epicentro, rendendoli utili, dando il proprio conributo. Tra questi, anche Cemil Solak, originario proprio di Antiochia, cittá che é stata danneggiata nel profondo. Cemil, la cui famiglia é orginaria di Antiochia da generazioni,  ha studiato al Politecnico di Milano e il capoluogo meneghino con il tempo é diventato casa. Lá ha iniziato a lavorare sin da prima della laurea fino a fondare una propria società di consulenza locale focalizzata nel settore immobiliare, pensata per incontrare le varie esigenze dei nuovi arrivati. ‘Ho scelto questa strada perché volevo rendere questo passaggio il più agevole possibile, in modo da metterli sin da subito in contatto con questa bellissima città e questo paese. I servizi che offriamo oggi sono ciò che io e i miei amici cercavamo disperatamente durante i nostri primi anni da expat’, spiega il giovane imprenditore. Tale attenzione verso l’altro, unita alla peculiare sensibilità verso necessità ed esigenze, sono un tratto tipico dei turchi, che nei momenti di estremo bisogno dimostrano grande pragmatismo e un altrettanto importante spirito di resilienza. Davanti alle catastrofiche immagini dei terremoti e alle sconfortanti notizie, Cemil non ha pensato due volte prima di mettere in stand-by la propria vita milanese, tornando nel suo luogo natio. ‘Sono andato all'ospedale da campo italiano EMT-2 come volontario. Ho lavorato come l’interprete per più o meno 20 giorni, con la prima squadra che è arrivata un paio di giorni dopo i terremoti’, racconta, ricordando con una nota di emozione che ad Antiochia ha lavorato con un team di 75 persone. ‘Quando ho incontrato la squadra per la prima volta ho avuto l'impressione che si conoscessero da anni. Mi sbagliavo. 75, tra medici, infermieri, tecnici, ingegneri e coordinatori si sono incontrati lì per la prima volta. Erano diventati i "Migliori amici", forse non sarebbero mai amici fuori. Lo scopo comune era così “sacro” che stava facendo scomparire tutte le nostre differenze’. Cemil aveva appreso la notizia dell’ospedale da campo a guida italiana da Instagram e immediatamente il pensiero è stato: ‘Sicuramente avranno problemi di traduzione’.  ‘Ho lavorato per giorni, 14-15 ore al giorno. Non avevo amici, famiglia, solo io e il mio popolo. Un popolo che tossiva, con le gambe rotte, al freddo. L'ex studente di mia madre, l'elettricista che veniva a casa nostra per cambiare le lampadine, il portiere del nostro palazzo, c'erano tutti’. Parole toccanti quelle di Cemil Solak che come interprete ha dato il suo aiuto in tutti i reparti dell’ospedale.  ‘Ho capito che tradurre non significa solo tradurre ciò che viene detto. Ci sono mille modi di dire qualcosa a qualcuno, le parole hanno un grande peso’, confida sommessamente, passando in rassegna quasi in modo automatico alcuni momenti della sua esperienza, quelli che senza dubbio ricorderà per sempre. ‘Dire ad un paziente che può essere dimesso potrebbe sembrare una buona notizia, ma nel mio caso non lo era. Dicevo ai pazienti che potevano essere dimessi quasi con imbarazzo perché non sapevano dove andare’…’Non sono riuscito a tradurre il consiglio del medico ad un paziente che era venuto con sintomi di vertigine. "Se i sintomi si ripresentano, dovresti isolarti in una stanza silenziosa e buia." Ma di quale stanza silenziosa e buia stavamo parlando?’.. ‘Invece di chiedere ad un bambino dov'era il suo accompagnatore, gli ho chiesto dov'erano i suoi genitori. È stato il momento in cui mi sono sentito più in colpa della mia vita’. ’Ho imparato che una persona che ha perso tutto, può darti tutto’, chiosa con un silenzio profondo. Le case divelte, il bucato steso in attesa di asciugarsi, la quotidianità che guardava a quel domani che non è mai arrivato, sono  il fermo-immagine di quel 6 febbraio che ha cambiato per sempre la percezione delle cose, segnando inesorabilmente un ‘prima’ e un ‘dopo’. ‘Per me il terremoto è ieri. Tutto, ogni emozione che ho provato è ancora vivida come quando ho ricevuto quell'SMS alle 4:30… Non ho dimenticato nessuno che abbiamo perso’. Tante emozioni, ma anche razionalità nel racconto di Cemil che ci lascia un messaggio. ‘ Come architetto so quanto sia difficile costruire un edificio, quindi una città. Ci vorrà del tempo, vero. Non possiamo scherzare o combattere contro la natura. Antakya è stata la patria di molti dei più letali terremoti nella storia dell'umanità. Il lavoro ricade soprattutto su noi giovani e la solidarietà a cui ho assistito mi hanno fatto capire che insieme possiamo superare tutto, e lo faremo. Non dobbiamo dimenticare che piantare un seme e vederlo diventare un albero è una delle esperienze più belle che si possano vivere’. Un grazie dal profondo del nostro cuore va a Cemil Solak, per aver voluto condividere la sua testimonianza. A tutti gli amici turchi un abbraccio immenso, che li stringa tutti indistintamente. Geçmiş olsun!

 

 

 

A cura di Valeria Giannotta



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