Boğazkale, la tomba dell’Impero Ittìta

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Boğazkale, la tomba dell’Impero Ittìta

La Turchia è la terra degli Imperi.
Il suo destino è deciso dalla geografia, dei suoi confini, con quattro mari che la circondano e un mare di montagne a separarla dall’Asia.
Solo in rari e brevi periodi della Storia è stata divisa, e quei periodi sono ricordati per instabilità e guerre sanguinose.
Molto prima che la capitale fosse l’anatolica Ankara, però, quando Istanbul era ancora poco più di un villaggio di pescatori, uno di più potenti imperi che la Storia abbia conosciuto aveva la sua capitale nel cuore dell’Anatolia.
Ma mentre turisti da tutto il mondo visitano i monumenti lasciati dall’Impero dei faraoni d’Egitto, solo pochi fortunati conoscono la capitale dell’Impero che bloccò la loro avanzata in Medio Oriente.
Hattuşaş, la capitale dell’impero Ittita, fu probabilmente la prima vera città dell’Anatolia centrale: oggi le sue rovine si trovano a Bogazkale, nella provincia di Çorum.
Nel centro della Turchia, a soli duecento kilometri da Ankara, i viaggiatori appassionati possono esplorare i resti di quello che fu il centro della civiltà Ittìta, il primo grande impero anatolico della Storia, e intuirne la grandezza.
Da Ankara, si arriva a Bogazkale in poche ore di bus.
Oggi, come ai tempi degli Ittìti, le estàti della regione sono calde, brevi e secche e gli inverni sono quelli rigidi e nevosi dell’Anatolia centrale.
Quindi il periodo migliore per visitare Hattuşaş è in primavera o autunno, quando la temperatura è fresca e le colline che la circondano sono verdeggianti.
Chi è diretto verso quello che fu l’Impero Ittìta, già ad Ankara può notare delle anteprime: nella piazza centrale di Sihhiye, un monumento riproduce un disco solare in bronzo ritrovato non lontano da Hattuşaş, e un altro disco solare era il simbolo della città ed è ancora il simbolo dell’Università di Ankara.
Ma oltrepassato il fiume Kizilirmak, si entra in quello che fu il territorio Ittìta: il fiume, il cui nome significa “Fiume Rosso”, nell’antichità classica era il confine tra la cosiddetta “Asia Minore” e l’Asia propriamente detta.
Questa convenzione geografica derivava dal confine stabilito dai re Ittìti, per cui il fiume era la linea difensiva del cuore dell’Impero.
Hattuşaş era in realtà una città molto più antica degli Ittìti.
Sono state trovate tracce di un insediamento che risale addirittura al Cinquemila Avanti Cristo, ovvero ben Settemila anni fa, ma era diventata una città importante già nel Duemila Avanti Cristo.
La civiltà che la abitava viene chiamata “Hatti”, ed è considerata nativa dell’Anatolia centrale. Furono gli Hatti ad aprire le rotte commerciali nel territorio, da Est a Ovest, e con il commercio importarono la scrittura, necessaria per tenere libri contàbili e sténdere contratti.
Poi, nel Milleottocento, cioè Tremilaottocento anni fa, il re di un popolo vicino che sembrava venuto dal Sud invase il loro territorio, sconfisse gli Hatti e distrusse la loro capitale: sappiamo che veniva già chiamata Hattuşaş, perché il re vittorioso, Anitta di Kussara, lasciò un’iscrizione in cui si vantava dell’impresa.
L’iscrizione conteneva una terribile maledizione: “Se un qualsiasi re dopo di me ricostruisse Hattuşaş, possa il dio della tempesta colpirlo e distruggerlo!”
Ma i re successivi non dovevano essere molto impressionabili, o forse non credevano che il dio delle tempeste ascoltasse re Anitta: non solo ricostruirono Hattuşaş, ma ne fecero la capitale del loro nuovo regno, che cominciò a espandersi fino a diventare una delle Quattro Grandi Civiltà del mondo antico, con l’Egitto, l’Assiria e la Mesopotamia.
Per la prima volta nella Storia conosciuta, l’Anatolia fu pressoché unificata dai re Ittìti, alcuni dei quali portavano orgogliosamente il nome di Hattusili, che nella loro lingua significava “di Hattuşaş.”
Il loro orgoglio era giustificato: visitando Bogazkale, è facile riconoscere dalle rovine di Hattuşaş lo splendore della città, costellata di templi e dominata dalla cittadella oggi chiamata Büyük Kale, “La Grande Fortezza.”
Le case erano probabilmente di costruzione semplice, di legno e mattoni di fango, ma le mura e i monumenti in pietra erano decorati da leoni e sfingi: la sfinge, più di ogni altro elemento, sembra essere stata il simbolo della civiltà Ittìta, che si estese con i suoi avamposti commerciali verso i confini dell’Anatolia.
E come a presagìre i conflitti futuri su quegli stessi confini, le guerre combattute dagli Ittìti divennero leggendarie: sui Dardanelli, alle porte dell’Europa, la guerra di Troia diventò il mito fondatore delle civiltà greche e romane.
Fu una scoperta fatta ad Hattuşaş a rivelarci che probabilmente Troia era una città Ittìta, che si scontrò con le città commerciali micenée che la distrussero, e trovarono poi un accordo con l’Impero Ittìta.
Infatti la scoperta più importante fatta a Bogazkale non furono le sfingi o i templi ma l’archivio centrale dell’Impero: migliaia di tavolette d’argilla, coperte da iscrizioni cuneiformi in lingua Ittìta, rivelarono la storia di quello che fino a questa scoperta era stato un Impero dimenticato dalla Storia.
Una di queste tavolette è così importante da essere esposta a New York, non in un museo ma nella sede delle Nazioni Unite: è il trattato di Kadeş, il primo trattato di pace della Storia.
A Kadeş, nella odierna Siria, il grande faraone egizio Ramses Secondo si scontrò con l’armata ittìta del re Hattusili Terzo, in una furiosa battaglia di cui entrambi si proclamarono vincitori. Il risultato fu il trattato con una spartizione del Medio Oriente lungo linee che durarono millenni.
La tavoletta originale del trattato si trova oggi al Museo di Archeologia di Istanbul, ma è ad Ankara, nel Museo delle Civiltà Anatoliche ai piedi della cittadella che si trova la maggior parte dei reperti ritrovati a Bogazkale.
Vale la pena visitare il Museo prima di avventurarsi ad Hattuşaş: dopo essersi aggirati tra le impressionanti sculture conservate nel Museo, camminare tra i templi in rovina ha un altro significato. Una notevole esposizione fotografica racconta anche la storia della scoperta e degli scavi.
Sul catalogo del museo, è citata una celebre frase di Atatürk, che contribuì di tasca propria agli scavi di Bogazkale: “Un popolo non può dire di conoscere la propria Patria se non conosce la Storia di tutte le Civiltà che vi hanno vissuto prima.”
Gli scavi di Hattuşaş a Bogazkale sono diventati Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO nel 1986, ma il sito è rimasto un villaggio, senza mai più ritrovare la statura della capitale dell’Impero.
Lo stesso Impero Ittìta crollò misteriosamente alla fine dell’Età del Bronzo, e scomparve dalla Storia.
Alla fine, l’Impero dei re che avevano ricostruito Hattuşaş ebbe il destino che gli aveva augurato la maledizione del re Anitta.

 


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