Yörük

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Yörük

Yörük: i nomadi delle montagne
Quando si racconta la Storia della Turchia, la si fa cominciare con i clan nomadi provenienti dall’Asia Centrale che migrarono nell’Anatolia.
Dopo essersi scontrati con l’Impero di Bisanzio, i primi Turchi si mescolarono alle popolazioni anatoliche, diventarono allevatori, agricoltori, commercianti, e posero le basi per quello che sarebbe diventato l’Impero Ottomano.
Ma quando si racconta la grande Storia, c’è poco spazio per chi sembra restare indietro.
E se è vero che la maggior parte dei Turchi abbandonò la vita nomade per costruire un Impero sulla soglia dell’Europa e dell’Asia, alcuni semplicemente continuarono a vivere come avevano sempre fatto.
La Storia non parla di loro, e persino molti Turchi di oggi non conoscono la vita degli ultimi nomadi.
Vengono chiamati Yörük, un’espressione che significa “coloro che camminano”.
Vivono soprattutto sui Monti Tauri, la catena montuosa che separa il Mediterraneo dall’Altopiano Anatolico, ma si trovano anche in villaggi nella regione dell’Egeo.
Mentre il mondo cambiava e prima i clan turchi, poi intere regione venivano unificate nell’Impero Ottomano, gli Yörük continuavano a spostarsi con i loro animali.
I terreni migliori venivano occupati da allevatori e agricoltori, ma nelle montagne i nomadi trovavano pascoli e ripari che permisero loro di continuare il loro stile di vita fino ai giorni nostri.
Vivevano in grandi tende di pelli di capra, e si spostavano con cavalli, cammelli o asini.
Quando le tribù nomadi che continuavano ad arrivare dall’Asia iniziarono a minacciare l’autorità degli Ottomani, furono costrette a sottomettersi e a stanziarsi in villaggi sedentari.
Ma siccome gli Yörük erano leali ai Sultani, vennero lasciati liberi di praticare il loro nomadismo.
Il risultato fu che il loro numero aumentò a dismisura, perché tutte le tribù nomadi che rifiutavano di stanziarsi si dichiararono di stirpe Yörük.
Il territorio dell’Impero Ottomano era suddiviso in “Sancak”, province più o meno estese, amministrate da governatori nominati dal Sultano.
Gli Yörük avevano il loro Sancak, lo “Yörük Sancağı” che però a differenza di tutti gli altri non aveva un territorio preciso: amministrava le terre abitate dai nomadi, dovunque si trovassero in quel momento.
Era una soluzione ideale, che permetteva di controllare i clan di allevatori giròvaghi, sempre tendenzialmente ribelli, riscuotendo le tasse ma lasciandoli liberi di condurre il loro stile di vita.
Per secoli la vita dei nomadi delle montagne continuò pressoché uguale.
Secondo la zona dove si trovavano, allevavano pecore o capre.
Naturalmente i prodotti che scambiavano o vendevano nei mercati dei villaggi erano principalmente latte e formaggi, yogurt, lana e pelli, ma gli Yörük diventarono famosi anche per i loro tappeti.
I kilim dei nomadi Yörük hanno disegni diversi da tutti gli altri, sono coloratissimi, grazie alla loro conoscenza delle erbe e dei colori vegetali e sono quasi sempre di lana di capra.
Erano molto importanti nella loro cultura: dovunque arrivassero e rizzassero le loro tende, gli interni erano sempre decorati con i tappeti, sia i pavimenti che le pareti, e servivano ad isolare la tenda dalle gelide notti degli altipiani.
Anche il loro modo di vestire era appropriato all’ambiente: sia gli uomini che le donne portano versioni diverse degli ampi şalvar, calzoni ampi sui fianchi e le cosce e stretti alle caviglie, con cavallo basso che permette ogni tipo di movimento, e stivali adatti ai sentieri sassosi di montagna.
Infatti, uomini e donne svolgono lavori simili: accudire gli animali, montare e smontare il campo, raccogliere e spaccare legna per il fuoco, e le mille altre mansioni della dura vita di pastorizia.
Come in tutte le culture nomadi, il ruolo della donna è molto importante, paritario se non superiore a quello degli uomini: tocca a loro aver cura del campo o degli animali quando gli uomini sono lontani o occupati, ma occorrono tutte le braccia e le menti disponibili per tirare avanti, e la suddivisione dei ruoli è un lusso che gli Yörük non possono permettersi.
Naturalmente, le donne cucinano, ma anche quel compito è spesso condiviso con gli uomini.
La cucina Yörük è leggendaria: al turista che vi prestasse attenzione, capiterebbe di leggere decine di insegne di ristoranti, locande e posti per la colazione che vantano la parola “Yörük” nel nome, come garanzia di qualità degli ingredienti e delle ricette.
Ma purtroppo, nella maggior parte dei casi è solo una trovata pubblicitaria, o al massimo la discendenza del ristoratore da una famiglia Yörük.
La base della loro cucina è il latte di capra, usato per formaggi, come il famoso Tulum Peyniri, conservato in pelli di capra. E oggi le capre allevate dagli Yörük non sono abbastanza da fornire tutto il latte necessario ai ristoranti della Turchia.
Dopo la nascita della Repubblica e durante gli anni di sviluppo economico e culturale del Paese, il nomadismo venne contrastato.
Il motivo principale, come in tutto il mondo, era quello di poter assicurare ai nomadi una residenza, una educazione per i bambini e assistenza sanitaria. Ma c’era anche la necessità di ogni governo di poter riscuotere le tasse, saper dove notificare una citazione legale o dove cercare gli accusati in caso di crimini.
Qualsiasi fossero i motivi, gli Yörük furono più o meno convinti o costretti ad adattarsi al mondo che cambiava. Si sistemarono in villaggi, quasi sempre nelle colline vicino alla costa.
Da nomadi, diventarono transumanti: adesso d’inverno tengono i loro animali nei villaggi o nei pascoli delle colline. Prima che l’estate torrida del Mediterraneo li bruci, salgono con le loro greggi sui Monti Tauri, nelle Yayla, i villaggi di montagna tra i 1500 e i 3000 metri, e lì riprendono a vivere come hanno sempre fatto, senza elettricità, con l’acqua purissima delle sorgenti di montagna, facendo formaggi e yogurt con il latte dei loro animali.
Poi, all’arrivo dei primi freddi, migrano di nuovo verso le colline, dove le piogge invernali garantiscono i pascoli invernali.
Ma è uno stile di vita che diventa sempre più difficile da mantenere.
I loro formaggi devono subire la concorrenza delle produzioni industriali, i loro guadagni bastano a stento a sopravvivere, e i giovani sono costretti ad abbandonare le famiglie e a cercarsi lavoro in città.
Rimane l’orgoglio di appartenere ad una stirpe che ha resistito più di qualsiasi altra alle tentazioni della vita moderna: ancora oggi molti giovani Yörük, impiegati, operai o insegnanti, durante le vacanze raggiungono la famiglia sulle montagne e ritornano allo stile di vita dei loro antenati.
Nonostante la semplicità e la povertà, hanno la consapevolezza di essere capaci di una vita straordinaria. Quando qualcuno gli chiede di dove è originaria la loro famiglia, rispondono con orgoglio con una sola parola: “Yörük!”


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