Lavoro, dopo Jobs act misure per autonomi entro anno - Taddei

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Lavoro, dopo Jobs act misure per autonomi entro anno - Taddei

ROMA (Reuters) - Completato il Jobs act a giugno, il governo metterà mano entro l'anno a nuovi interventi sul mercato del lavoro che questa volta riguarderanno gli autonomi.

Lo ha annunciato oggi Filippo Taddei, responsabile economico del Pd e stretto collaboratore di Matteo Renzi, durante un convegno della Cgil dedicato proprio a professionisti e lavoratori autonomi.

"La riforma non si ferma al lavoro dipendente ma prosegue con gli autonomi. Da giugno in poi ed entro l'anno interverremo con uno strumento legislativo", ha detto Taddei.

Tra le tutele che il governo ha intenzione di introdurre a favore di queste categorie professionali (dalle partite Iva ai parasubordinati), Taddei ha citato l'intenzione di porre "un limite massimo ai tempi dei pagamenti, la possibilità di una sospensione, ma non della interruzione, dei servizi di fornitura in caso di malattia o maternità e un regime fiscale agevolato per i redditi bassi".


CGIL: AUTONOMI SI SENTONO PROFESSIONISTI MA REDDITI BASSI

Secondo la ricerca presentata oggi dalla Cgil, il 70% dei lavoratori autonomi si sente professionista, non percepisce cioè una condizione di "falsa autonomia", ma vorrebbe una maggiore continuità occupazionale (51%), più diritti e compensi più elevati (34%).

La ricerca, dal titolo "Vita da professionisti", è stata condotta su un campione rappresentativo dei circa 3,4 milioni di lavoratori di cui il 74,1% con partita Iva, il 18,1% parasubordinati, il 3,8% in cessione di diritti di autore.

Nel 2013, il 45,7% ha percepito un reddito lordo fino a 15.000 euro, il 23,4% tra 15 e i 25.000, mentre il 13,8% guadagna oltre i 40.000 euro lordi l'anno.

La disoccupazione non è 'sofferta' dal 50,9% del campione mentre il 37,4% l'ha subita dai due ai sei mesi e l'11,8% da sette mesi a un anno. Il 68% sente però di avere 'poche o nessuna possibilità di contrattazione' a fronte del 13,5% che ha un contratto collettivo; l'11% è iscritto ad un sindacato mentre il 42% ad un'associazione professionale.

Il 29,5% sarebbe disposto a pagare più contributi ma solo a fronte di un aumento del reddito, il 20,5% se fossero maggiori le detrazioni fiscali, il 16,8% se i compensi fossero definiti dai contratti nazionali.


 


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