Jobs act, da 1° marzo contratto a tutele crescenti, muore art.18

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Jobs act, da 1° marzo contratto a tutele crescenti, muore art.18

ROMA (Reuters) - Il Consiglio dei ministri di oggi ha varato in via definitiva i primi due decreti attuativi del Jobs act consentendo alle imprese che lo vorranno di assumere dal 1° marzo 2015 con contratto a tutele crescenti, cioè a tempo indeterminato ma senza i vincoli dell'articolo 18.

Il lavoratore potrà ottenere, in caso di licenziamento senza giusta causa, un risarcimento monetario crescente in base all'anzianità di servizio, per un massimo di 24 mensilità, ma avrà diritto al reintegro solo in caso di discriminazione, licenziamento nullo o per motivi disciplinari quando il fatto contestato è insussistente.

Lo ha annunciato il premier Matteo Renzi stimando che nei prossimi mesi 200.000 lavoratori con contratti a progetto (co.co.pro) avranno un lavoro stabile.

"Oggi è un giorno atteso da molti anni da una parte di italiani ma atteso anche da un'intera generazione che ha visto la politica fare la guerra ai precari ma non al precariato", ha detto il premier.

Secondo il rapporto Ocse presentato ieri, se le riforme del governo saranno portate a termine, in cinque anni ci sarà un incremento degli occupati in Italia di 340.000 unità.

Salta la tutela dell'articolo 18 anche in caso di licenziamenti collettivi, nonostante il parere contrario, ma non vincolante, della commissione Lavoro della Camera. A favore della norma si era invece espresso l'alleato di centrodestra Ncd.

La nuova disciplina sui licenziamenti si applica anche ai sindacati e ai partiti.

Il secondo decreto approvato in via definitiva è quello sul Naspi, il nuovo ammortizzatore sociale che scatterà dal 1° maggio in caso di disoccupazione involontaria e riguarderà anche 1,2 milioni di lavoratori precari.

Su questo fronte, resta aperto il tema della coperture qualora non fossero sufficienti gli 1,7 miliardi stanziati in Finanziaria per il 2015, più altri 200 milioni per il 2016.

Il governo ha poi presentato altri due decreti al Jobs act, che dovranno passare al vaglio del Parlamento: quello sulla semplificazione delle forme contrattuali e il demansionamento e quello in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che punta a estendere la maternità a tutte le lavoratrici.

La norma più interessante è il superamento dei contratti a progetto, i co.co.pro, contratti che non potranno più essere sottoscritti dal 1° gennaio 2016. Da quella data, ha spiegato il ministro del Welfare Giuliano Poletti, saranno tramutate in lavoro subordinato le collaborazioni che di fatto hanno già queste caratteristiche. Rimangono in piedi le collaborazioni disciplinate da contratto nazionale, come quelle dei call center. E le partite Iva.

Resta invariata la possibilità di assumere con contratto a termine per 36 mesi per un massimo di 5 proroghe senza causalità. Mentre tramontano le associazioni in partecipazione e il job sharing, peraltro rarissimo.

L'impresa potrà variare unilateralmente le mansioni del lavoratore in caso di modifica dell'assetto organizzativo senza però modificare la retribuzione né il livello del dipendente.

Sale a 7.000 euro, da 5.000, l'ammontare massimo del voucher per il lavoratore e viene vietato il voucher per gli appalti. Semplificato anche l'accesso all'apprendistato e al part-time.

Restano ancora da fare "l'Agenzia nazionale per l'impiego e altri punti di merito come cassa integrazione", ha concluso il premier che punta entro giugno a rendere operativa tutta la riforma.

(Ha contribuito Giuseppe Fonte)

 


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