Agenda - L'attacco di Israele all'Iran e le sue conseguenze
Considerazioni sull’argomento a cura di Can Acun, Ricercatore di Politica Estera presso SETA
L'Iran, la cui deterrenza è stata messa alla prova dall'assassinio da parte di Israele del leader di Hamas Ismail Haniyya a Teheran e dagli attacchi ai leader di Hezbollah in Libano, ha risposto a Israele con missili balistici. Successivamente, Israele ha attaccato l'Iran in rappresaglia per i missili esplosi da Teheran. Anche se non così grande come ci si aspettava, sono stati colpiti i sistemi di difesa aerea dell'Iran e alcune strutture militari critiche. Ora gli occhi sono puntati sull'Iran.
Nel fine settimana Israele ha effettuato un atteso attacco di rappresaglia contro l'Iran. Utilizzando lo spazio aereo iracheno e siriano, Israele ha attaccato l'Iran in 3 diverse ondate impiegando circa 100 jet da combattimento tra F-16, F-15 e F-35. Secondo fonti OSNIT, le prime immagini mostrano che l’attacco ha colpito i sistemi di difesa aerea iraniani, oltre a infrastrutture missilistiche e impianti di droni (SIHA) considerati critici. Secondo la dichiarazione dell'Iran, 5 persone hanno perso la vita nell'attacco. L'Iran ha dichiarato che nell'attacco sono rimaste uccise cinque persone. Tuttavia, l’entità dell’attacco sembra essere stata inferiore rispetto alle aspettative e può essere considerata una mossa relativamente limitata. In questo caso, un ruolo decisivo è stato giocato dalle pressioni degli Stati Uniti su Israele e dal mancato sostegno americano all’operazione.
Considerando la distanza di circa 1.500 chilometri tra Iran e Israele, le capacità tecniche di Israele impongono alcune limitazioni operative. Ancora una volta, la proposta israeliana di una missione congiunta contro il programma nucleare iraniano è stata respinta dagli Stati Uniti, che hanno anche bloccato un attacco mirato alle infrastrutture di esportazione del petrolio iraniano. Netanyahu non sembra quindi aver raggiunto pienamente i suoi obiettivi; quindi, non ci si aspetta che l'Iran risponda nonostante le sue dure dichiarazioni. Questi elementi contribuiscono a ridurre, nel breve termine, il rischio di una guerra interstatale su larga scala.
Nel frattempo, Israele continua la sua occupazione sia a Gaza che nel sud del Libano, con conseguenti attacchi che colpiscono anche la popolazione civile. Hamas e Hezbollah, attraverso una resistenza di tipo asimmetrico e guerrigliero, stanno infliggendo gravi perdite alle forze israeliane. Subendo perdite di tale entità, per Israele non è semplice mantenere la situazione attuale.
Inoltre, i palestinesi cittadini di Israele stanno compiendo attacchi quasi quotidiani all'interno del territorio israeliano, attraverso azioni di sacrificio, che stanno progressivamente stancando il Paese.
Sembra che Netanyahu e il suo gabinetto di guerra siano in attesa di una possibile presidenza Trump. Si prevede che, sotto la guida di Trump, gli Stati Uniti possano sostenere Israele in modo più deciso, ma non ci si aspetta un coinvolgimento diretto nella guerra con l'Iran. È evidente che una tale situazione non favorirebbe gli interessi degli Stati Uniti, e resta incerto quale politica adotterebbe Trump se otterrà la presidenza: per rafforzare il proprio elettorato sta puntando sul consenso dei sionisti.