Turchia chiama Italia

Un viaggio artistico tra storia e leggenda unisce Venezia e Istanbul.

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Turchia chiama Italia

 

Il 5 giugno si e’ inaugurata presso lo spazio espositivo del Centro culturale Manin Ca’ Savio di Cavallino Treporti, in provincia di Venezia, la  doppia mostra ‘Anselmo e Meral’ e ‘Bisanzio e la Dogaressa’ degli artisti Luigi Ballerin e Valerio Baccio e dello scrittore Mauro Neri. Un format innovativo, frutto di una collaborazione culturale su piu’ livelli il cui filo conduttore e’ il legame tra Italia e Turchia, Venezia e Istanbul. Sullo sfondo di questo approfondito dialogo con il Vicino Oriente ci sono le storie e le passioni  di ognuno. ‘Il  mio percorso artistico nasce sicuramente dalla mia infanzia per poi rinforzarsi nell’adolescenza, nella quale per la prima volta mi sono avvicinato a popoli, usi e costumi diversi, apparentemente lontani ma nel mio cuore molto vicini’, esordisce Ballarin spiegando che dopo un primo contatto con il Nord Africa e il Maghreb, è iniziato il suo viaggio in diversi altri Paesi, dalla Giordania al Golfo ed oltre, dove ha potuto avvicinarsi alle usanze e alla tradizioni locali tramite esperienze di vita condivisa con gli autoctoni. Dopo una mostra inaugurata ad Istanbul nel 2013, la città sul Bosforo diviene luogo dove vivere: ‘Non sono il solo ad amare e ad essere rimasto stregato dalla Turchia e dal popolo turco, molte persone che visitano la Turchia, poi se ne innamorano. E’ un mondo dove i valori sono ancora ricchi di tradizioni che non si perdono e il rispetto vige verso gli anziani e le persone deboli. Le minoranze religiose convivono armoniosamente nel rispetto dei rapporti umani. Inoltre, i legami che uniscono la Turchia con l’Italia sono molteplici sia artisticamente che antropologicamente. Posso affermare che in Turchia mi sento a casa’, chiarisce l’artista, precisando: ‘La Turchia ha fortemente influito sulla mia arte espressiva; da un’arte che mi riportava all’Orientalismo, l’influenza turca mi ha messo in relazione con la città di Venezia, pertanto Bisanzio e la Serenissima sono diventati i miei soggetti di studio e di ispirazione’. Queste città sono, infatti, unite da importanti connessioni storiche che riportano ai vecchi splendori del passato e ancora oggi, secondo Ballarin, sebbene vi siano delle contaminazioni turistiche e processi di sviluppo urbano, ‘a Venezia si vive a misura d’uomo ed Istanbul non ha perso il fascino di essere una grande città con all’interno mille città nelle quali vivono comunità da tutto il mondo in quartieri rappresentati da chi ci abita’. ‘Tutto ciò mi riporta al mio bisogno essenziale di creare ponti tra Oriente ed Occidente cercando di unire i popoli e le rappresentanze religiose. Bisanzio, Costantinopoli, Istanbul, Turchia con tutte le sue regioni e La Serenissima, Venezia e tutto il territorio italiano sono il fulcro della nostra storia, e in questo caso anche della mia produzione artistica’, continua Luigi Ballarin con un riferimento a chi lo definisce un nuovo Balio contemporaneo. ‘Io “ mi vesto “ bene in questa definizione’, chiosa. Concorda con questo sentire il collega e scultore Valerio Bacciolo che a Istanbul  ha riscontrato delle forti caratteristiche che tendono ad accogliere come in  un grande abbraccio i suoi ospiti e visitatori. ‘Questo mi ha fatto sentire quell'aria familiare, di casa.
Ho percepito atmosfere intimamente collegate al mio lavoro di artista suggerendomi di volta in volta forti pulsione creative. Inoltre le grandi bellezze artistiche e architettoniche sono indiscutibilmente legate a Venezia, la mia città.
Aggiungo che una forte componente di magico mistero mi ha accompagnato durante i miei soggiorni, e questo,  per un artista, è linfa vitale’, afferma. Nella sua Dogaressa Bacciolo comunica l’indiscutibile centralità del ruolo che ha la donna nel mondo. ‘È colei che genere la vita. Per lei "Mater" siamo tutti suoi figli e quindi tutti uguali. Il corno dogale, copricapo che indossa, è il simbolo della sua venezianità; ma se si guarda attentamente troviamo forti analogie con le teste del Monte Nemrut in Turchia. E non è forse con Bisanzio che La Serenissima ha stretto le più grandi collaborazioni politiche,  economiche e culturali?’, chiede retoricamente per concludere : ‘Mi piace immaginare che questo antico dialogo tra culture si possa estendere universalmente anche nel futuro’. In un tale tripudio di forme, colori e significati, i racconti ‘Anselmo e Meral’ e ‘La Dogaressa e Forcolin’ dell’autore Mauro Neri incorniciano con parole piene di significato che riconducono al tema del viaggio ciò che è messo su tela. ‘L'Uomo ha sempre viaggiato per il mondo, fin dalle epoche più lontane, portando con sé la propria cultura, la propria esperienza, la propria voglia di conoscere, ma anche e spesso le proprie paure, i propri pregiudizi, i propri rancori... Di questa "voglia" di viaggiare e di conoscere l'Uomo ha lasciato traccia in alcuni racconti popolari talvolta anche molto antichi (si pensi all'Odissea di Omero, tanto per fare un esempio assai noto): uno di questi racconti, una leggenda di epoca longobarda (VII-VII secolo dell'epoca moderna) che narra di un re – Ortint il suo nome vero, Anselmo il nome che gli ho dato io – che nelle sue conquiste arriva fin sotto le mura della Città dei due Mari (l'attuale Istanbul) e s'innamora di Yildiz, detta Meral la Cerbiatta, figlia di Sultan Mahmud’, puntualizza.  A questo racconto di amore, odio, vendetta e pentimento si è poi ispirato Luigi Ballarin per realizzare diciotto straordinari quadri che hanno poi dato vita a un "libralogo" (un libro-catalogo d'arte) che propone il racconto di Anselmo e Meral e la "galleria" dei quadri di Ballarin.  ‘Paure che poi sfociano in contaminazioni, scontri anche feroci di culture, di religioni, di mentalità e storie diverse che poi si trasformano in contaminazioni che arricchiscono entrambi. Questo dovrebbe essere il sogno dell'Uomo moderno: sfociare in un mondo in cui si comprende quanto sia importante che le culture si intreccino per darsi vicendevole forza ed entusiasmo; in cui alla lotta di religione si sostituisce il rispetto reciproco, perché in definitiva l'Uomo, qualsiasi uomo guarda nella stessa direzione di tutti gli altri uomini. Perché Anselmo e Meral insegnano che uno più uno non fa due, ma cinque, otto, diciotto...mille’, afferma lo scrittore. La stessa logica "contaminante" è applicabile anche a  ‘La Dogaressa e Forcolin’, in cui gli incontri e le fusioni culturali legati ai racconti tradizionali si concretizzano alle figure mitiche delle Fate Anguane, le figlie delle acque dei laghetti dolomitici e le "regine" delle foreste di abeti delle Valli di Fiemme, Fassa e  del Cadore che, vedendo partire per la lontana Venezia migliaia e migliaia di abeti per far palificazioni, alberi e fasciame di navi, si aggrappano ai loro "amici" alberi e li accompagnano fin nel cuore della laguna, dove fondano la città delle Fate Anguane... e ha così inizio la storia della Dogaressa e di Forcolin. Per immergersi in questi scenari fiabeschi fatti di racconti e pennellate di colore c’è tempo fino al 25 Giugno; un grande grazie va agli ideatori per regalarci questo variopinto viaggio tra storia e leggenda.

 

A cura di Valeria Giannotta



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