Turchia chiama Italia
Alla scoperta della turcologia italiana con la prof. Vera Costantini
Vera Costantini e’ un’affermata studiosa di turcologia italiana, oggi professoressa associata presso l’Universita’ di Venezia. Il suo interesse verso la Turchia e il vicino oriente e’ sorto in eta’ giovanissima: sulle orme del padre, esperto di storia ed economia della Repubblica di Venezia, sin da bambina Vera si e’ lasciata trasportare dalla magia degli archivi e delle fonti, segnando i primi passi verso la scoperta della Turchia e del suo immenso patrimonio storico-culturale. ‘Mio padre mi portò in Archivio di Stato per la prima volta quando avevo otto anni, per mostrarmi alcuni documenti relativi a Giustina Renier Michiel, una patrizia cui era intitolata la mia scuola elementare. Seduta in sala studio, ricordo che i miei piedi non toccavano terra, ma inconfondibile, nella memoria, rimane l’odore delle carte, al quale continuo a collegare, ancor oggi, il profumo del pensiero storico, la riflessione empatica sull’altrove temporale… che nel mio percorso è diventato pure un altrove geografico: la Turchia’, esordisce con toni fiabeschi. L’idea di verificare la storia di Venezia sulle fonti ottomane fu ispirata da Ruggiero Romano, ‘uno tra gli eccellenti maestri avuti in Italia, in Francia e in Turchia, il più influente sulla mia formazione di storica’, specifica la Professoressa ricordando uno dei suoi più grandi ammonimenti: ‘Non si tratta – mi diceva – di dimenticare la grande tradizione storiografica italiana ed europea che ci ha preceduti, bensì di verificarne le conclusioni basandosi sullo studio di fonti non autoctone. Parlando di storia della Repubblica di Venezia, che era uno dei più potenti e ricchi stati del Medioevo e della prima età moderna, le fonti alternative cui alludeva potevano essere ovviamente di varia provenienza. Nel caso specifico, Ruggiero Romano si riferiva a quelle dell’Impero ottomano, partner economico e amministrativo insostituibile per la Serenissima, che ne determinò le scelte politiche ed economiche più direttamente di altri stati. “Studi il turco”, mi disse’. La proposta venne accolta con entusiasmo e quella stessa estate Vera si unì al gruppo di studenti di archivistica in partenza con il Prof. Lucio Milano, docente di Storia del Vicino Oriente Antico, alla scoperta della Turchia. ‘Visitammo tutti i siti ellenistici dell’Asia Minore, poi la Cilicia, la Cappadocia, Konya, Malatya, il Nemrut Dağı, Sivas. Fu un colpo di fulmine. Da allora, non ho più potuto né voluto abbandonare la Turchia, un paese con cui continuo a intrattenere una relazione sfaccettata, profondissima e appassionata’, chiarisce la prof. Costantini. Qualche anno più tardi, dopo aver intrapreso un percorso di studi sulla paleografia ottomana con Dilek Desaive, nel quadro del seminario dottorandi di Gilles Veinstein, presso l’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, si aprono le porte di Istanbul, dove per 4 anni porta avanti la sua ricerca presso il Başbakanlık Osmanlı Arşivi. ‘Documento dopo documento, defter dopo defter, la prospettiva indicatami da Ruggero Romano si coloriva sempre più cangianti e talvolta drammatiche. Comparare le fonti, sì, ma come, se le fonti non solo parlano lingue diverse… ma furono anche redatte per finalità squisitamente diverse? Occorreva prima comprendere a fondo il modello di funzionamento economico e fiscale dell’Impero ottomano. Approfittavo allora della presenza in Archivio di Mehmet Genç, di Halil Sahillioğlu, di İlber Ortaylı, di Sinan Kuneralp e domandavo chiarimenti, senza pudore di mettere a nudo le mie lacune. Ero laureata in Storia a “Ca’ Foscari” ed ero arrivata a Istanbul senza aver seguito un solo corso di Storia dell’Impero ottomano!’, racconta con il sorriso, rimarcando come quegli incontri siano stati forieri di spiegazioni approfondite, di riferimenti storiografici e letterari utili ad arricchire la sua conoscenza. ‘Tornavo sui documenti e leggevo, sempre più speditamente, i caratteri arabi che componevano i nomi di baili, mercanti o imprenditori, ambasciatori straordinari, capitani o prigionieri di guerra, ma anche i rendiconti finanziari delle province, la contabilità delle cucine imperiali, le cronache, le lettere a governatori di province attigue ai confini dello stato da mar veneziano, in breve, tutto ciò che poteva tornare utile a dipingere l’immagine che gli Ottomani di fine Cinquecento avevano di Venezia, di Cipro e del Mediterraneo orientale’. Certamente, un percorso avvincente ma non privo di difficoltà. ‘“Non sono un’orientalista”, dicevo a me stessa. Il mio oggetto di studio era Venezia e in questo mi sentivo assai omogenea ai colleghi turchi e balcanici, perché, come accadeva a loro, era la mia storia patria a interessarmi, per quanto da una prospettiva del tutto inedita’, puntualizza. Grazie agli incontri e agli scambi con colleghi dottorandi provenienti da più parti del mondo, che oggi figurano nelle cattedre di Storia ottomana ed economica più prestigiose dei loro paesi di provenienza, il periodo istanbuliota è stato di fondamentale importanza nelle formazione accademica della Professoressa, che nel 2004 tornò a Venezia come ricercatrice di Lingua e Letteratura Turca a Ca’ Foscari. Oggi Vera Costantini insegna, con soddisfazione, Lingua turca, Paleografia ottomana, Storia dell’Impero ottomano, Storia della Turchia repubblicana e Storia Economica del Mediterraneo; è promotrice di visite studio all’Arsenale, ai depositi dell’Archivio di Stato e al Fondaco dei Turchi; forma studenti e laureandi su fonti primarie originali o anche su argomenti più contemporanei di pertinenza energetica ed economica, scontrandosi però con il problema quasi endemico dell’Italia: la fuga di cervelli e di risorse verso prestigiosi atenei stranieri. Dalla parole della Prof. si scorge un certo turbamento, riferibile soprattutto allo status della turcologia che, come spiega, ‘In Italia non costituisce un settore disciplinare a sé stante, ma deve condividere plausibilità e risorse con l’armenistica, la mongolistica e la caucasologia, tutte discipline che offrono prospettive divergenti su aree geografiche e culturali pure spesso estremamente diverse’. Una situazione difficile, dunque, che da una parte limiterebbe i percorsi di avanzamento accademico e dall’altra risentirebbe di una narrativa deviata dei fenomeni storiografici e politologici della Turchia e dell’Impero Ottomano. ‘Esistono ragioni storiche che sottendono a questa damnatio memoriae del ricco passato d’interdipendenza tra le coste ottomane e quelle degli antichi Stati italiani. La mia convinzione è che la turcofobia costituisca l’aspetto più emblematico di una visione “plebea” della politica estera italiana, che acquisì plausibilità nel processo di state-building che accompagnò l’allargamento del suffragio alla fine dell’Ottocento. La guerra di Libia, voluta, per conto del Banco di Roma, dal “ministro del malaffare” di salveminiana memoria, fu un effetto di questa visione “plebea”, che ebbe peraltro conseguenze catastrofiche sulle aziende italiane e sui tanti Italiani che lavoravano nell’allora Impero ottomano. Quella storia avrebbe dovuto insegnarci qualcosa, eppure… ancora oggi – e anzi, oggi più di altre volte – leggo nella stampa toni da ‘Crociata dei pezzenti’, ammonisce, sottolineando con enfasi: ‘L’insistita e ostentata ignoranza della Turchia e dell’Impero ottomano da parte della stampa italiana e – ahimé! – di gran parte del nostro mondo accademico e politico mi appare come un fenomeno incomprensibilmente impermeabile alla funzione sociale e formativa che intraprendo con appassionata dedizione. Leggere le tesine, gli elaborati, le dissertazioni degli studenti, ascoltarli esporre le loro domande e riflessioni mi aiuta a rischiarare la tenebra che talvolta prende un po’ troppo il sopravvento nella mia città e nel mio paese’. Senza dubbio, come si è detto più volte, Italia e Turchia sono due Paesi amici dall’importanza cruciale nel Mediterraneo, che, tuttavia, potrebbe essere potenziata tramite una maggiore conoscenza reciproca. ‘La mancata considerazione di una prospettiva turcologica nella politica estera italiana implica una considerevole riduzione delle opportunità economiche per le imprese italiane e turche nel Mediterraneo’, afferma decisa Vera Costantini, sostenendo che ‘probabilmente un’alleanza strategica tra Italia e Turchia non viene contemplata come opportunità proprio perché a vantaggio dei due paesi non si verifichino condizioni di crescita economica, che inevitabilmente porterebbero a modificare gli equilibri mediterranei ed europei’. A questo proposito è molto chiara: ‘Le linee di intervento tra i due paesi potrebbero essere molteplici e spaziano dall’ambito energetico, a quello industriale, logistico e del terzo settore. Una delle tante attuali, incomprensibili incongruenze è la completa irrazionalità logistica delle connessioni marittime tra i porti turchi e quelli italiani. Naturalmente, l’oggetto principale del mio interesse sono le connessioni culturali. Tra Italia e Turchia c’è ancora quasi tutto da fare, posso dire tranquillamente che ci sarebbe lavoro per più generazioni di storici, antropologi, geografi, etnobotanici, linguisti, filosofi comparativisti, letterati, economisti… e sto solo citando le discipline per le quali potrei cominciare a illustrare progetti di potenziale collaborazione tra atenei italiani e turchi’. Insomma, se il collante delle nostre relazioni è solido, sembra che i margini per arricchire ulteriormente la cooperazione siano ampi e trasversali. In tale logica, la Prof. Costantini con una collega dell’Università di Ankara sta progettando la costruzione di orto botanico storico comparativo nell’isola del Lazzaretto Nuovo della laguna di Venezia. ‘Nei nostri progetti, vi troveranno posto piante con cui le culture ottomana e veneziana stabilirono, nei secoli, una relazione, in modi talvolta uguali talaltra diversi, ma al comune scopo di migliorare le condizioni di vita del genere umano e di avanzare di qualche passo, almeno, verso la Felicità/Sa‘âdet’, conclude. Con un grande grazie, dunque, per i profondi e assidui contributi al miglioramento della conoscenza reciproca, iyi çalişmalar ve daha buyuk başarıları dileriz!
A cura di Valeria Giannotta