Turchia chiama Italia

Quello stimolo intelletuale ed emotivo che arriva dalla Turchia – Silvia Pedone

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Turchia chiama Italia

La Turchia, si sa, vanta un ricchissimo patrimonio storico e culturale che affonda le radici in un passato per certi aspetti condiviso con quello italiano. Culla di diverse influenze artistiche, tra cui spicca quella Bizantina, il Paese della Mezzaluna, solleticando l’interesse e la curiosità dei più, richiama sia turisti che studiosi da ogni parte del mondo. Affascinata dalla cultura di quella civiltà, sin dalla sua giovane età Silvia Pedone ha fatto dello studio dei reperti storici bizantini la propria professione fino ad essere oggi una bizantinista molto in vista sia in Italia che all’estero. ‘Il mio interesse è coinciso anche con la riscoperta dei luoghi di origine dei miei genitori e del loro passato lontanamente, e forse idealmente, collegato a Bisanzio. Anche se in maniera meno evidente di altre epoche storiche, l’Italia conserva moltissime testimonianze artistiche e tradizioni culturali riconducibili proprio all’Oriente bizantino’, racconta la studiosa. I suoi primi passi nel mondo dell’arte dapprima l’hanno portata a ricercare i legami in seno alla famiglia d’origine per poi motivarla ad approfondire la conoscenza in modo più sistematico negli anni di studio all’università. Più di recente ha insegnato Storia dell’arte medioevale e bizantina presso l’Università della Tuscia e, ripercorrendo le tappe salienti della sua formazione, spiega: ‘All’epoca l’Università La Sapienza di Roma vantava un ricchissimo numero di insegnamenti, soprattutto nel dipartimento di Storia dell’arte e in quello di Studi orientali, tra cui la cattedra in Storia dell’arte bizantina, in quel momento retta da Alessandra Guiglia. I moduli annuali di insegnamento non si esaurivano solo con lo studio dei testi in programma; ma, grazie a fondi particolari, incentivavano lunghi viaggi studio con i docenti’.  In linea con l’obiettivo di formare una nuova generazione di esperti con esperienza direttamente sul campo, i giovani studiosi entravano così pienamente nello spirito della ricerca. Ed è stato proprio il fascino di tali viaggi a determinare e condizionare le scelte sia personali che accademiche di Silvia.  Nelle sue attività di ricerca, Costantinopoli ha senza dubbio un posto speciale. ‘Istanbul, oltre ad essere il luogo principale di convergenza delle mie conoscenze e dei miei studi, è un luogo di elezione, ovvero un posto in cui mi sono sentita a casa e in cui ho potuto, e posso ancora oggi, trovare un continuo stimolo intellettuale ed emotivo’, spiega Silvia Pedone, ritendendosi fortunata ad aver avuto la possibilità di apprendere le bellezze della città e della Turchia dall’esperienza di chi proprio in quei posti l’aveva preceduta. Suo principale punto di riferimento nella scoperta di Istanbul è stata Claudia Barsanti, che lei stessa definisce ‘bizantinista e studiosa scrupolosa’. ‘Istanbul era un posto che lei amava profondamente e che ha continuato ad alimentare le sue più variegate curiosità. Imparare da una guida così eccezionale è stato il mio privilegio. Alla stratificazione di uno sguardo, che ha saputo cogliere i cambiamenti urbanistici e culturali, si è poi aggiunta la mia personale visione, che continua a mutare tutte le volte che torno in quella città’, confida, definendo la bellezza di Istanbul “sottile”. ‘La consapevolezza del suo fascino arriva solo dopo un po’ che si la si frequenta. Nel momento in cui si riconoscono i gesti delle persone, gli scenari urbani, si acquisiscono abitudini locali e soprattutto si desidera far visita ai monumenti e ai quartieri come per ritrovare un vecchio parente che non si vede da molto. Sono molto fiera di aver ereditato la passione per questa città e anche, se ne ho l’occasione, di trasmetterla a mia volta. In fondo Istanbul mi ha ospitato sempre generosamente e non ha mai deluso le mie aspettative di scoperta’, continua entusiasta. Il lavoro di ricerca di Silvia Pedone, tuttavia, non si è fermato alla principale città del Bosforo, conducendola spesso in viaggio attraverso l’Asia Minore. Certamente, la ricchezza storica e archeologica della Turchia hanno motivato il suo lavoro di storica dell’arte, ‘che si alimenta nel confronto tra saperi diversi e alterna la ricerca sul campo a quella solitaria dello studio personale’. La giovane bizantinista vanta esperienza professionali importanti: ha operato in cantieri archeologici particolarmente prestigiosi e ha collaborato con importanti istituzioni turche, come il Museo Archeologico di Istanbul e l’Università Koç. Tra le altre cose, è stata a Hierapolis di Frigia al seguito dell’équipe italiana dell’Università del Salento, guidata allora da Francesco D’Andria, e in collaborazione con l’Università e il Museo di Pamukkale, dove si è occupata dello studio – condotto in collaborazione con la collega e amica Manuela de Giorgi – delle sculture portate alla luce nella basilica di San Filippo, un edificio posto sulla collina più alta della città romana e poi bizantina, accanto al celebre martyrion dell’apostolo Filippo. Al Museo archeologico di Kırklarelı, in Tracia, ha poi condotto una ricerca mirata allo studio delle collezioni di scultura bizantine presenti nel museo, di cui conserva un ottimo ricordo legato in particolar modo alla convivialità della gente del posto. Grazie ad un assegno di ricerca dell’Università Koç ha, quindi, lavorato nel sito archeologico di Küçükyalı, nella parte asiatica di Istanbul, dove in collaborazione con il Museo archeologico di Istanbul ha studiato i materiali decorativi di quello che è stato identificato come il monastero di Satyros, di età medio-bizantina. La ricerca si e' conclusa dopo due anni con l’allestimento di una mostra proprio al Museo archeologico (2016-2017). ‘Küçükyalı ha rappresentato qualcosa di diverso rispetto al lavoro di ricerca svolto precedentemente, poiché si tratta di una sorta di “cantiere-scuola” per gli studenti della Koç e anche un tentativo di integrazione tra lo spazio archeologico e la vita del quartiere’, specifica l’esperta con esplicito rifermento al format di “Public Archaeology’’ coniato da Alessandra Ricci, docente alla Koç e coordinatrice dello scavo. L’esperienza presso Santa Sofia, più recentemente convertita in moschea, è quella più significativa sia in termini di durata, dal 2006 al 2015, che di maturità professionale. Come membro del team dell’Università di Roma La Sapienza e dell’Università di Roma Tor Vergata e grazie al supporto del Ministero dell’Università e della Ricerca İtaliano e ai fondi PRIN, Silvia ha avuto modo di studiare molti degli aspetti decorativi del monumento, con missioni annuali che hanno riguardato mirate campagne di indagini. ‘Santa Sofia è un monumento eccezionale. Sia per le sue straordinarie dimensioni e per il suo avveniristico aspetto architettonico, sia per la ricchezza di una decorazione unica nel suo genere, che ci lascia ancora oggi, a distanza di secoli dalla sua riedificazione, meravigliati’, afferma decisa la Pedone. ‘La sua peculiarità è determinata dall’intreccio di tracce che possono essere lette direttamente sul monumento, se osservate attraverso il “tempo” lungo della visione consapevole, non lasciata alla fugace visita di una giornata. Non è, infatti, un monumento che parla immediatamente al visitatore’, chiarisce. E sulla complessità’ del monumento, aggiunge: ‘Le tracce delle cicatrici del tempo in Santa Sofia formano un’immagine non sempre semplice da interpretare perché la stratificazione riflette la complessità delle vicende che l’hanno vista protagonista. Si tratta di un monumento che spesso ha occultato e nascosto tali tracce, riemerse e scomparse nuovamente nel corso dei secoli. Dunque non si tratta di un “libro di pietra” in cui, sfogliando le sue pagine, si procede lungo la linea del tempo. La lettura della sua storia è più articolata e “puntellata’’. Il punto di forza di Santa Sofia sta proprio nel palinsesto di voci e fasi che ha vissuto e che continua a vivere’. Non c’è che dire, si rimane incantati ad ascoltare le spiegazioni di Silvia Pedone che insieme alle nozioni regala grandi emozioni. Oggi Silvia è un vero e proprio punto di riferimento nello studio della storia dell’arte bizantina e un’ambasciatrice importante per lo studio dell’arte tra Italia e Turchia.  La sua interpretazione di ricerca in Turchia, come lei stessa ci ha chiarito, implica l’idea di ‘scambio di conoscenza e di salvaguardia di un patrimonio teso a mettere il proprio bagaglio esperienziale, intellettuale e culturale, al servizio di altri, nel rispetto delle differenze’. E, ben consapevole dell’importanza delle sinergie, puntualizza: ‘Negli ultimi decenni, le università turche hanno offerto molto agli studiosi provenienti da altri paesi, in termini di opportunità di ricerca e contratti di insegnamento. Questo ha portato ad un livello altissimo certi settori disciplinari, grazie proprio agli investimenti economici e in termini di risorse umane. È, infatti, auspicabile una sempre maggiore collaborazione tra istituzioni e paesi diversi, perché unire le risorse fa indubbiamente avanzare più rapidamente la conoscenza’. La complementarietà italo-turca, dunque, è riaffermata nell’importante patrimonio condiviso e nelle cooperazioni scientifico-culturali. ‘Entrambi sono luoghi dove la macro-storia è avvenuta e in cui tappe e traguardi fondamentali della civiltà sono stati raggiunti.  Sono paesi che condividono i problemi legati al difficile equilibrio tra modernizzazione e conservazione, da cui lo spirito della ricerca utile ad uno scopo più lungimirante, a cui si unisce il desiderio di rendere le pietre ancora parlanti nel XXI secolo’, chiosa la studiosa. Certi che i reperti avranno ancora molto da raccontarci, ringraziamo Silvia Pedone per contribuire ad unire tasselli importanti per una conoscenza sempre più approfondita e dettagliata della nostra storia e della nostra ricchezza artistica. Sayendizde çok şey öğrendık!

 

 

 

A cura di Valeria Giannotta



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