Musulmani Rohingya: Arakan o solo sangue

Abbiamo notato loro e la dimensione della tragedia dei musulmani Rohingya, dopo che oltre 500 mila persone si sono rifugiate in Bangladesh, scappando dalla brutalità di Myanmar il 25 agosto 2017…

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Musulmani Rohingya: Arakan o solo sangue

Fino a poco tempo fa, non ne abbiamo sentito molto, su Arakan ei musulmani Rohingya. Abbiamo notato loro e la dimensione della tragedia dei musulmani Rohingya, dopo che oltre 500 mila persone si sono rifugiate in Bangladesh, scappando dalla brutalità di Myanmar il 25 agosto 2017

Cari ascoltatori vi presentiamo le valutazioni su questo argomento di Kudret Bulbul, professore del Facoltà di scienze politiche presso l’università di Yildirim Beyazit, Ankara…

Dovremmo parlare un po’ della geografia per capire meglio dove si trova Arakan. Arakan è uno dei sette stati del Myanmar. Il Myanmar è un paese circondato da Tailandia, Laos, Cina, India, Bangladesh e Golfo del Bengala. Arakan è la regione più strategica lungo la costa del Myanmar…

Si dice che ad Arakan l'Islam è stato diffuso dai mercanti musulmani sopravvissuti da un naufrago di una navi nel Golfo del Bengala. I Musulmani Rohingya hanno vissuti sotto il loro stesso sultanato per molti secoli come i musulmani filippini. A seguito delle politiche espansionistiche dei paesi imperialisti occidentali, nel 1885 sono stati occupati dagli inglesi. Ricordando il proverbio indiano "Se in un fiume combattono due pesci, si sappia che un inglese con le gambe lunghe è appena passato da lì”, i problemi sono ulteriormente aumentati dopo l'indipendenza del Myanmar nel 1948. Il Generale NE Win, che salì al potere con un colpo di stato nel 1962, cambiò il nome del paese in Myanmar che fino ad allora era Birmania. Durante la repubblica monopartitici, ogni tipo di politica statale è stata imposta per tenere i musulmani fuori dalle loro case. È anche importante non dimenticare gli attacchi disumani di estremisti buddisti conosciuti come Movimento 969. Il punto raggiunto alla fine delle decade è il dolore, le lacrime, l'esilio e il sangue, questo è ARAKAN.

Per affrontare il problema di Arakan, presso la Facoltà di Scienze Sociali dell'Università di Yıldırım Beyazıt è stato organizzato un forum, con la partecipazione del presidente del Consiglio dei Rohingya d'Europa e del vice sottosegretario del Ministero degli Affari Esteri, l'Ambasciatore Ümit Yardım. L'ospite dall'Olanda ha usato due nomi La Jo e Muhammed Hubeyb. Il motivo dell'uso dei due nomi mostra il vero volto del Myanmar. In Myanmar, per evitare discriminazioni tutti dovrebbero usare un nome dal Myanmar, al di fuori del loro vero nome. Conosciamo molto bene questa situazione siccome, la Bulgaria ha fatto lo stesso con i turchi negli anni 80, cambiando anche le pietre tombali.

Quindi, i dolori sono grandi, ma, se respiriamo c'è sempre una speranza. Pertanto, c’è bisogno di discutere le soluzioni:

1 – Fare pressione internazionale su Myanmar. Se in un luogo si menziona la pressione e la brutalità invece della legge e della giustizia, questi tiranni possono essere fermati solo con la forza. Questo è il motivo per cui dobbiamo ricorrere a tutti i metodi per assicurare che la comunità internazionale esercisca maggiori pressioni su Myanmar. Questo metodo può essere eseguito da stati e organizzazioni non governative.

2 - Gruppo soluzione internazionale: Dovrebbe essere formato un gruppo di soluzioni o un gruppo di soluzioni internazionali per trovare una soluzione al problema come il MINSK Group, in Ucraina. Sappiamo che la Cina e l'India non sono un parte della soluzione, ma una parte del problema. Tuttavia, si deve cercare una soluzione assicurando che la Cina e l'India facciano parte al processo il più possibile. Questo gruppo di soluzioni deve assicurare che i Rohingya ritornano sani e salvi in patria, e che dopo il ritorno i loro diritti di vivere vengono presi sotto la garanzia.  

3 - Internazionalizzare la pressione, la brutalità e le violazioni della legge ad Arakan. I Rohingya non hanno ancora un'identità ufficiale come i curdi in Siria. Se non hanno uno status ufficiale, non è possibile trovare una soluzione per i bisogni di base come l'istruzione e la salute. Organizzazioni non governative e fondazioni volontarie in tutto il mondo possono aggiornare le violazioni nei paesi dove si trovano e le piattaforme internazionali. È possibile avviare un procedimento legale. Le cause da aprire contro i capi militari o statali, che violano i diritti, anche se non si ottiene un risultato potranno essere dissuasivi.

4 – Aiutare il Bangladesh. Il Bangladesh, che si trova già in una situazione difficile, non dovrebbe essere lasciato solo per aiutare centinaia di migliaia di persone.

5 - Dare priorità alle basi strategiche. Come è successo nella brutalità di Myanmar, la Turchia concede ogni tipo di sostegno attraverso la Mezzaluna Rossa turca, la Presidenza delle Catastrofe e la Gestione delle Emergenze (AFAD), l'Agenzia per la cooperazione e il coordinamento turca (TIKA), la Fondazione di aiuto umanitario ai diritti umani (IHH) e altre organizzazioni non governative. Ma, anche se è urgente e di grande valore, non è sufficiente concentrarsi solo sull'assistenza umanitaria. Sono così preziosi anche i centri, che producono soluzioni strategiche e le basi di pensieri personalizzati.

 6 - Costruire un gruppo di crisi internazionale permanente guidato dalla Turchia.

7 - Costruire una coscienza globale. Il tema di Arakan come Gerusalemme non è un tema che riguarda solo i musulmani. È molto importante costruire una coscienza internazionale in questo tipo di questioni. Per questo, la visita di Emine Erdogan, come first lady, è stata molto significativa. Ovunque vivano, i nostri lettori possono fare un lavoro attivo per creare una consapevolezza globale.

A volte una cosa cambia e tutto cambia. Un poeta dice: "Cambia il clima, diventa mediterraneo". Dai, condividiamo il dolore, che diminuiscano le lacrime degli innocenti. I bellissimi bambini di Arakan guardino al futuro con speranza e non con paura…

Cari ascoltatori vi abbiamo presentato le valutazioni su questo argomento di Kudret Bulbul, professore del Facoltà di scienze politiche presso l’università di Yildirim Beyazit, Ankara…



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